Onorevoli Deputati! - Con riferimento alla Convenzione di cui in oggetto, si rappresenta che gli atti internazionali stipulati a Ottawa il 27 maggio 1999 sono costituiti dal testo della Convenzione sopra specificata e dal relativo Protocollo.
      La Convenzione di cui trattasi, destinata a sostituire quella firmata il 17

 

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novembre 1977 e in vigore dal 24 dicembre 1980, ha un campo di applicazione limitato alla sola imposizione sui redditi, essendo stata esclusa, sulla base del criterio della reciprocità, la tassazione del patrimonio, ed è caratterizzata da una struttura che, pur ricollegandosi al Modello OCSE, se ne differenzia per taluni aspetti al fine di tenere conto delle specificità dei sistemi fiscali vigenti nei due Paesi, nonché della situazione economico-finanziaria degli stessi.
      Passando alla struttura tecnico-giuridica della nuova Convenzione - di cui qui si illustrano gli aspetti più significativi - occorre premettere che, salve lievi modifiche, sono state mantenute pressoché inalterate le disposizioni di taluni articoli della vigente Convenzione poiché ritenute ancora valide e rispondenti alle esigenze giuridico-economiche dei due Stati.
      L'esigenza di procedere alla negoziazione della nuova Convenzione è sorta sia in relazione alle riforme fiscali introdotte dai due Stati (in Italia, la riforma del 1997 ha portato, tra l'altro, all'abolizione dell'ILOR - già prevista tra le imposte cui si applica la Convenzione in vigore - e all'introduzione dell'IRAP), sia al fine di tenere conto dei mutati presupposti economico-finanziari.
      In estrema sintesi, si segnalano alcune disposizioni che caratterizzano la Convenzione in parola.
      La sfera oggettiva di applicazione della Convenzione, con riferimento alla parte italiana [articolo 2, paragrafo 3, lettera b)], riguarda l'imposta sul reddito delle persone fisiche, l'imposta sul reddito delle persone giuridiche, nonché l'imposta regionale sulle attività produttive.
      In ordine alla disciplina dei redditi di impresa, è stato accolto il principio generale in base al quale gli stessi sono imponibili nel Paese di residenza, a meno che non siano attribuibili ad una stabile organizzazione.
      Proprio in ordine alla disciplina della stabile organizzazione (articolo 5), è stata seguita la formulazione OCSE del 1963, ritenuta più conveniente per l'Amministrazione finanziaria italiana; ciò anche in relazione alla circostanza che detta formulazione risulta sostanzialmente identica a quella inserita in tutti gli accordi stipulati dal nostro Paese successivamente all'entrata in vigore della riforma tributaria, prevedendo, in particolare, che un cantiere di costruzione o di montaggio sia considerato come stabile organizzazione qualora oltrepassi il termine di durata di dodici mesi.
      Per i redditi di capitale, i cui aspetti sono stati definiti in base al bilanciamento di interessi delle due Parti negoziali, si fa presente che:

          1) per i dividendi (articolo 10), è stato stabilito il criterio impositivo concorrente della residenza e della fonte, fissando un'aliquota del 5 per cento, relativamente a partecipazioni caratterizzate, per almeno il 10 per cento, dai diritti di voto detenuti dalla società distributrice, e un'aliquota del 15 per cento negli altri casi.
      Va peraltro rilevato che dell'aliquota del 5 per cento non possono beneficiare le cosiddette «non resident-owned investment corporations», le quali sono entità di diritto canadese che possono, all'occorrenza, essere utilizzate (ad esempio, nella forma di una società holding canadese) in modo vantaggioso da un soggetto non residente (che possieda l'intero pacchetto mobiliare della società) per realizzare investimenti indiretti in Canada. La suddetta esclusione trova giustificazione nel fatto che l'applicazione dell'aliquota del 5 per cento, combinata con le disposizioni sui rimborsi d'imposta, porterebbe al risultato che la tassazione di una non resident-owned investment corporation sarebbe pari alla ritenuta alla fonte prevista sulla distribuzione dei dividendi. L'esclusione in questione è, pertanto, mirata a disincentivare gli investimenti di tipo indiretto carenti di sostanza economica (manovre elusive) e a favorire altresì gli investimenti diretti.
      Nel contesto dell'articolo è stata definita, altresì, la disciplina della cosiddetta «branch tax» (articolo 10, paragrafo 6). Tale imposta - in aggiunta alla normale imposta sul reddito - è generalmente applicata sul reddito, al netto delle imposte, di talune società di capitali straniere

 

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che svolgono attività di compravendita immobiliare in Canada mediante una stabile organizzazione, con l'aliquota del 25 per cento (o inferiore, se prevista in base ad una Convenzione contro le doppie imposizioni).
      Considerato che tale disciplina, presente in tutti i più recenti trattati negoziati o rinegoziati dal Canada, è, ormai, divenuta irrinunciabile nella politica negoziale canadese, essa è stata inserita anche nella presente Convenzione, ma da parte italiana si è comunque ottenuto che l'entità del prelievo di tale imposta non possa eccedere il 5 per cento;

          2) per gli interessi (articolo 11) è stata stabilita la possibilità di tassazione anche da parte dello Stato della fonte, ma con un'aliquota che non può eccedere il 10 per cento;

          3) per i canoni o royalties (articolo 12) è stata stabilita la possibilità di tassazione nello Stato della fonte con aliquote differenziate del 5 per cento e del 10 per cento, a seconda che si tratti, rispettivamente, di canoni pagati per l'uso o la concessione in uso, di software per computer o di qualsiasi genere di brevetti o per informazioni concernenti esperienze di carattere industriale, commerciale o scientifico (escludendo, tuttavia, ogni informazione analoga fornita in relazione ad un accordo di noleggio o di concessione), oppure di altri tipi di canoni.

      In tema di utili di capitale o capital gains (articolo 13), è stata inclusa una disposizione (paragrafo 5) riguardante i riflessi fiscali delle operazioni di organizzazione o riorganizzazione, fusioni o scissioni di due o più società nazionali (a seconda del caso italiane o canadesi), che possiedono proprietà immobiliari o mobiliari nell'altro Stato.
      Con tale disposizione viene data al contribuente la possibilità di beneficiare di un «tax deferral» - vale a dire un rinvio del momento impositivo nel Paese ove sono situati i cespiti interessati dalle suddette operazioni - sulla base di un accordo da stipularsi tra l'autorità competente dello Stato contraente ove i beni sono situati e il soggetto che acquisisce la proprietà dei beni stessi. È stato inoltre previsto che di tale accordo e del relativo contenuto venga informata l'autorità competente dell'altro Stato contraente.
      Nell'articolo 18, relativo alle pensioni, è stata introdotta una disciplina molto dettagliata che, soprattutto allo scopo di semplificare la disciplina vigente (anche su segnalazione dell'INPS, chiamato a gestire un notevole flusso di pensioni in entrata e in uscita, conseguenza del fenomeno migratorio registratosi verso il Canada), prevede regole specifiche in relazione alla diversa tipologia di pensioni.
      In tale articolo [paragrafo 3, lettera c)], è stato inserito anche il «trattamento di fine rapporto» corrisposto a soggetti non residenti prevenendo, così, possibili tentativi di natura elusiva, nonché contenziosi futuri con l'altro Stato contraente.
      La Convenzione ha inoltre definito la problematica dei contrattisti (in servizio presso la rete diplomatico-consolare italiana in Canada e viceversa), in ordine ai quali si sono verificate situazioni di incertezza sulla ripartizione del potere impositivo tra i due Stati. A tale questione la nostra rappresentanza diplomatica ad Ottawa aveva attribuito notevole importanza in considerazione del ragguardevole numero di unità di personale a contratto avente la doppia nazionalità, italiana e canadese, ovvero solo la nazionalità italiana.
      In sostanza, nell'ambito dell'articolo 19, paragrafo 2, è stata inserita una disposizione che, nei casi di specie, attribuisce la potestà impositiva esclusiva allo Stato che eroga i compensi a detto personale. Tale disciplina, ai sensi dell'articolo 28, paragrafo 3, retroagisce di tre anni rispetto all'anno di entrata in vigore della nuova Convenzione.
      Quanto al trattamento delle altre categorie reddituali, nella Convenzione stipulata sono stati condivisi i princìpi suggeriti dall'OCSE e generalmente presenti negli accordi conclusi dal nostro Paese.
      Per quanto riguarda il metodo per evitare le doppie imposizioni, è stato previsto, come da prassi ormai consolidata e

 

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in armonia con la nostra legislazione interna, il metodo di imputazione ordinaria.
      Per quanto attiene alla «procedura amichevole» (articolo 24) la relativa clausola è stata redatta in conformità al modello OCSE, assicurando in tal modo al contribuente una maggiore tutela. Si sottolinea, peraltro, che - in linea con la tendenza seguita nelle più recenti Convenzioni - è stata prevista una clausola arbitrale (paragrafo 5) la cui procedura, che viene attivata previo consenso di tutte le parti in causa, prevede in termini certi e definitivi la risoluzione delle divergenze per i casi di applicazione o interpretazione della Convenzione.
      Quanto all'entrata in vigore, è stato concordato di conferire efficacia alle disposizioni contenute nella Convenzione a decorrere dal 1o gennaio dell'anno solare in cui si procede allo scambio degli strumenti di ratifica.
      Poiché la Convenzione qui illustrata, allorché entrerà in vigore, sostituirà la vigente, è stata prevista anche una clausola di cessazione degli effetti, con una particolarità: se le disposizioni della precedente Convenzione avessero consentito trattamenti più favorevoli rispetto a quanto previsto dalle nuove disposizioni in vigore, tali più favorevoli effetti potranno continuare ad essere invocati, in via transitoria, fino all'ultimo giorno dell'anno successivo rispetto a quello di entrata in vigore della nuova Convenzione (in sostanza, circa due anni).
 

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